Iniziare ad investire: guida per principianti

Cosa significa investire

Parafrasando Benjamin Graham nel suo famosissimo “The Intelligent Investor”, un investimento è un’operazione che, attraverso un’analisi dettagliata, ha caratteristiche in grado di proteggere il capitale investito e offrire prospettive di un ritorno adeguato.

Tutto il resto è speculazione.

Graham ci suggerisce che il premio dei nostri investimenti è proporzionale allo sforzo, alla competenza e allo studio che dedichiamo ad essi

Senza questo sforzo, capita che, ingolosite o dai rendimenti passati o da quelli promessi futuri, molte persone “scommettono” su azioni o prodotti finanziari complessi perdendo i loro soldi quando il mercato scende e, appunto, non sapendo che fare vendono in perdita. 

Per lo stesso motivo altri si fermano a cercare “capitale garantito alla scadenza” senza andare oltre accontentandosi così di rendimenti miseri.

Approfondisci in questo articolo Investire: cosa significa e come iniziare

Perché iniziare ad investire?

Lasciando i nostri soldi in banca, ci esponiamo agli effetti dell’inflazione. Ovvero l’aumento generalizzato dei prezzi che fa sì che i nostri soldi valgono meno ogni giorno.

Investendo una parte dei nostri risparmi, facciamo lavorare i nostri soldi per noi sfruttando l’effetto dell’interesse composto che giorno dopo giorno rivaluta non solo il capitale investito inizialmente, ma anche gli interessi maturati fino a quel momento.

Così come nella vita investiamo nella nostra formazione per garantire un futuro migliore, dedicare una parte dei nostri risparmi agli investimenti può proteggerci dagli imprevisti della vita e mantenere, se non migliorare, il nostro tenore di vita .

Prima di iniziare ad investire

Prima di iniziare ad investire, è altamente consigliabile creare un fondo di emergenza, ovvero una somma di denaro immediatamente disponibile da usare in caso di emergenza. 

Da non investire, ma, semmai, da tenere impegnati in forme di investimento molto liquidi come ad esempio Conti deposito che diano la possibilità di svincolare immediatamente i propri soldi. 

Su quanto dedicare ci sono diverse scuole di pensiero. Generalmente si consiglia di dedicare l’equivalente di 3-6 mensilità del proprio stipendio, oppure 6-12 volte la spesa media mensile. La dimensione del fondo dipende dunque dalle proprie condizioni. 

Il mio primo investimento

Quando compriamo un’azione, stiamo comprando un’azienda

Se il prezzo è inferiore alla sua capacità di generare profitti e alla sua salute finanziaria, posso aspettarmi ragionevolmente che il capitale investito sia al sicuro e possa generare ritorni nel futuro.

Il piccolo investitore difficilmente ha i mezzi e, spesso, le competenze sufficienti, per analizzare centinaia di bilanci alla ricerca della perla nascosta tra le miriadi di aziende quotate in borse.

L’investitore può a questo punto decidere di affidarsi agli “esperti” pronti a proporci dei fondi di investimento.

Attraverso un’attenta analisi dei bilanci aziendali e dei settori aziendali, i fondi di investimento promettono di investire in quelle aziende che possono performare meglio.

Per offrire questo servizio che garantisce diversificazione e la scelta dei titoli più promettenti, in cambio dobbiamo pagare delle commissioni, generalmente tra l’1% e il 2%

Una spesa accettabile in cambio di ritorni superiori al mercato azionario.

Ma quanti fonti riescono a battere il mercato?

Secondo il report SPIVA (S&P Indices versus Active) solo il 10% dei fondi è riuscito a battere il mercato costantemente negli ultimi 10 anni. Tenendo conto anche delle commissioni da pagare, questa percentuale si abbassa ulteriormente.

Un’alternativa economica ai fondi comuni di investimento sono gli exchange-traded fund (ETF). Un fondo a gestione “passiva”, cioè senza gestione umana su quali titoli investire e che replica semplicemente un mercato (un indice, un settore industriale, etc.).

Scegliendo un ETF che replica un indice azionario globale, abbiamo la consapevolezza di riuscire a fare meglio del 90% di chi opera in borsa nel nostro segmento.

Investire in ETF rappresenta un buon punto di partenza per chi vuole operare in borsa senza leggersi tonnellate di pagine di bilanci aziendali e analisi di mercato.

Inoltre gli ETF sono in grado di fornire un grado elevato di diversificazione aiutandoci a contenere i rischi senza sacrificare i rendimenti.

Approfondisci in questo articolo: Investire in un fondo comune o in un ETF?

Come scegliere un ETF

Possiamo aiutarci nello scegliere l’ETF su cui investire, seguendo le possibilità che ci forniscono diversi siti specializzati per lo screening degli ETF presenti sul mercato.

Personalmente trovo molto utile il tools di ricerca ETF che troviamo sul sito justetf.com.

I principali fattori che guardo quando scelgo un ETF sono i seguenti:

  • Asset Allocation
  • Dimensione del fondo
  • Total Expense Ratio (TER): i costi di gestione annuali
  • Utilizzo dei profitti: accumulazione o distribuzione
  • Modello di replica: Fisica o Sintetica
  • Domicilio fiscale dell’ETF

Approfondisci in questo articolo: Come scegliere un ETF

Occhio ai costi

Quando siamo alla ricerca di un investimento, normalmente valutiamo la scelta in base ai rendimenti storici o quelli promessi nel futuro.

Spesso trascuriamo i costi e le varie commissioni a cui i nostri investimenti possono essere soggetti.

Sia i fondi comuni che gli ETF fanno pagare agli investitori costi e commissioni di vario genere derivanti dalle gestioni dei fondi stessi.

Questi costi vengono sintetizzati in un indice unico omnicomprensivo: il TER (Total Expense Ratio)

Il TER è espresso in forma percentuale e rappresenta quanto, del capitale investito, ogni anno viene perso per sopperire a questi insiemi di costi che i vari gestori dei fondi ci addebitano.

Tuttavia, oltre al costo intrinseco legato al prodotto in sé, ci sono tutta una serie di costi esterni all’investimento scelto che hanno un impatto, talvolta anche importante, sulle performance future.

Questi costi dipendono principalmente dal broker scelto e dal domicilio fiscale dei prodotti presi in considerazione e possiamo riassumerli come segue:

  • Commissioni del brokers.
  • Spread Ask \ Bid.

Normalmente le commissioni applicate  più comuni sono quelle legate alle transazioni e possono variare anche in base al mercato e\o al prodotto che si sta scegliendo (es. un derivato o un’azione).

I costo più subdolo e invisibile è rappresentato dallo spread ask\bid. 

Spread significa differenziale, in ambito delle contrattazioni finanziarie rappresenta la differenza tra l’offerta (ASK o LETTERA) e la domanda (BID o DENARO).

L’accoppiata ASK\BID rappresenta il book di negoziazione. 

Normalmente Il BID è inferiore al prezzo di ASK e questa differenza, appunto, rappresenta lo spread di negoziazione.

Perché lo spread è importante?

Normalmente, quando si negozia in titoli molto “liquidi” ovvero con molti scambi quotidiani, la differenza è insignificante. 

Quando, invece, decidiamo di negoziare in mercati meno scambiati, queste differenze possono essere sostanziali. In questi casi, impostando ordini a “mercato”, ovvero al miglior prezzo possibile, rischiamo di pagare o vendere i nostri titoli con differenze anche del 10% rispetto al prezzo scambiato fino a quel momento.

Approfondisci in questo articolo: Investimenti efficienti pt. 2: Tasse, spread e commissioni

Le tasse sugli investimenti

Quando guadagniamo dai nostri investimenti generiamo due tipologie di redditi.

  • Redditi di capitale: Proventi derivanti da una rendita finanziaria o da attività di finanziamento. Quali cedole, interessi, etc. Normalmente hanno una data di maturazione e un valore certo.
  • Redditi diversi: Sono legati alla compravendita di attività finanziarie e possono generare plusvalenze o minusvalenze in base alla differenza del valore di acquisto e di vendita. La natura di questi proventi ha un valore incerto e non prevedibile.

Per quanto possiamo provare a dare una definizione per aiutarci a distinguerli, vale sempre la pena dare uno sguardo alla normativa disciplinata dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR).

Un esempio lampante sono i proventi generati dalla compravendita degli ETF. Le plusvalenze vengono trattate come redditi di capitale, mentre le minusvalenze sono trattate come redditi diversi.

La differenza non è da poco. Sui redditi diversi le minusvalenze si compensano con le plusvalenze e si paga le tasse solo sulla posizione netta. Sui redditi di capitale si pagano sempre le tasse, anche se si hanno maturato perdite nel proprio portafoglio.

La tassazione sugli investimenti è sempre del 26%, ad eccezione per i titoli di stato e per i titoli governativi degli stati collaborativi ovvero in “White List” dove la tassazione è del 12,5%.

Per gli ETF e fondi che detengono in portafoglio anche titoli governativi, si paga la tassazione del 12,5% in proporzione alla parte di rendimento da titoli di stato.

Alla tassazione sulle rendite, sono poi da aggiungere delle imposte patrimoniali da pagare sempre.

Per giacenze medie sul conto corrente superiori a 5000€ si paga un’imposta di bollo pari a 34,20€ annui.

Mentre per i titoli e gli strumenti finanziari si paga invece lo 0,2% annuo sul controvalore del portafoglio di investimenti.

Discorso a parte per i fondi e ETF non armonizzati alla disciplina Europea dove i proventi fanno reddito e vengono pagate le tasse in base al proprio scaglione IRPEF.

Per gli investimenti in fondi pensione è invece possibile portare in deduzione fino a 5.164,57€ all’anno abbattendo il nostro imponibile fiscale.

Approfondisci in questo articolo: La tassazione sugli investimenti: guida completa