Che cosa sono gli ETF
Nel post precedente abbiamo parlato di cosa sono i fondi di investimento e i vantaggi di investire in essi.
Alla fine dell’articolo ho parlato della mia preferenza nell’investire in ETF anzichè nei normali fondi di investimento.
Gli ETF si distinguono dai fondi principalmente dal modo di gestione che è di tipo “passivo”. Invece di esserci un gestore alle spalle che sceglie su cosa e quanto investire, l’allocazione degli investimenti cerca di replicare il più fedelmente possibile un benchmark di riferimento.
Questo strumento si presta benissimo anche per l’utilizzo da parte di un piccolo risparmiatore.
Un ETF si compra e si vende come un’azione sul mercato. Di conseguenza si può prendere posizione su di un intero indice azionario o sul mercato obbligazionario attraverso l’acquisto anche di una sola azione. Senza commissioni di ingresso o di uscita, come per la maggior parte dei fondi, ma solo pagando le eventuali commissioni di intermediazioni previste dal broker utilizzato. Con un solo click si ottiene una diversificazione
Dato che gli ETF non hanno alle spalle elaborate analisi, studi di bilanci etc per selezionare i titoli su cui investire, le commissioni annuali, il Total Expense Ratio (TER), sono piuttosto basse.
Riassumendo, con gli ETF si riesce ad ottenere un portafoglio differenziato, con costi contenuti e anche investendo cifre modeste.
Quali ETF scegliere?
Possiamo aiutarci nello scegliere l’ETF su cui investire, seguendo le possibilità che ci forniscono diversi siti specializzati per lo screening degli ETF presenti sul mercato.
Personalmente trovo molto utile il tools di ricerca ETF che troviamo sul sito justetf.com.
I principali fattori che guardo quando scelgo un ETF sono i seguenti:
- Asset Allocation
- Dimensione del fondo
- Total Expense Ratio (TER)
- Utilizzo dei profitti
- Modello di replica
- Domicilio fiscale dell’ETF

Asset Allocation
Ho ripetuto come un mantra più volte che il ritorno ai nostri investimenti sono proporzionali allo sforzo che siamo disponibili a dedicare. Sul mercato esistono diverse soluzioni per investire in diverse aree geografiche, settori di mercato e livello di capitalizzazione.
La soluzione più semplice è investire in un ETF che replica l’andamento azionario mondiale e uno che aggrega l’andamento delle obbligazioni mondiali.
In realtà con uno sforzo leggermente superiore si può scegliere manualmente ETF che replicano le diverse aree geografiche (US, Europa, Emergenti, Pacifico ad esempio) rispettando la stessa composizione mondiale, ma risparmiando sui costi annuali.
C’è la possibilità di scegliere ETF specifici per aree di mercato (energetici, Tech, industriali etc.), ma personalmente li evito. Ritengo che lo sforzo di analisi nella scelta di esporsi in un settore piuttosto che in un altro sia comparabile a quello di scegliere una singola azione avendo ritorni più bassi rispetto a scegliere quell’azienda particolarmente sottovalutata.
Infine c’è la possibilità di investire in ETF che replicano panieri contenenti altri asset al di fuori di quello obbligazionario o azionario. Ad esempio nell’immobiliare, i cosiddetti REITs (Real Estate Investment Trust) o in beni fisici, le commodities, come oro, argento, petrolio, grano e chi più ne ha più ne metta.
Per esplorare le diverse strategia di allocazione, in attesa di ulteriori articoli, vi invito a esplorare i diversi portafogli esposti in portfoliocharts.com. Un lavoro lodevole che permette di analizzare i rendimenti storici e la volatilità delle più popolari strategie di investimento o di crearne uno ad hoc e simulare come si sarebbe comportato nel tempo.
Dimensione del fondo
Secondo fattore importante per scegliere un ETF è la dimensione del fondo. Mentre nei fondi comuni di investimento una dimensione enorme non è ottimale, negli ETF è una caratteristica da ricercare.
Le ragioni sono le seguenti:
- Maggiore liquidità nel mercato in cui viene scambiato l’ETF. Ovvero c’è una maggiore facilità di acquistare o vendere le quote dell’ETF posseduto. Perchè è più facile trovare un acquirente o un venditore, lo “spread” ovvero la differenza prezzo di acquisto / vendita sarà inferiore.
- Costi di gestione più bassi.
- Quanto più grande è il fondo, più è facile replicare la composizione di un indice di riferimento e quindi replicarne le performance.
- Minori rischi di insolvenza del fondo.
Total Expense Ratio (TER)
L’importanza delle commissioni e di come impattano negativamente le performance dei nostri investimenti negli anni è abbastanza intuitivo.
Il TER riassume i costi di gestione annuali del fondo espresso in percentuale degli asset gestiti. Normalmente si mantiene largamente al di sotto del 1%.
Utilizzo dei profitti
Gli ETF si dividono in due principali strategie di utilizzo dei profitti degli asset gestiti (ad esempio i dividendi azionari) : ad Accumulazione o a Distribuzione.
Negli ETF ad Accumulazione, i profitti vengono reinvestiti nel fondo.
Negli ETF a Distribuzione i profitti vengono, invece, distribuiti tra gli investitori.
La scelta su quale prediligere è essenzialmente legata al regime fiscale vigente nel proprio paese.
In Italia, la tassazione per i dividendi e il capital gain è la stessa. Tuttavia, i dividendi reinvestiti automaticamente dal fondo non sono soggetti a tassazione.
Per questo motivo gli ETF ad accumulazione risultano essere più efficienti ai fini fiscali permettendoci di dilazionare nel tempo il pagamento delle tasse e di sfruttare la rivalutazione degli interessi anche sulla quota delle tasse che sarebbero state pagate.
Modello di replica
Un ETF per replicare le performance di un benchmark di riferimento, deve cercare di comprare gli asset in modo da rispettare la stesso peso che hanno all’interno dell’indice.
Ad esempio, supponiamo che l’azienda ALFA quota 10000 azioni nel mercato e l’azienda BETA ne quota 1000, se nel mio ETF ho 100 quote dell’azienda ALFA , per replicare l’indice devo detenere 10 quote di BETA.
Non sempre è possibile replicare esattamente la composizione di un benchmark, in questo caso si possono adottare diverse strategie di replicazione.
Principalmente ci sono due famigle principali.
Le strategie di replicazione fisica ovvero dove il fondo possiede fisicamente gli asset e si suddivide in due categorie:
- Replica totale dell’indice di riferimendo dove il fondo possiede gli asset nell’esatta proporzione in cui sono distribuiti nell’indice.
- Campionamento. Il fondo possiede una parte degli assets che compongono l’indice o comunque non ne rispettano a pieno la composizione. Il campionamento è adottato quando è praticamente impossibile replicare il benchmark (ad esempio se il fondo è troppo piccolo per poter possedere tutti i componenti dell’indice) o sarebbe inefficiente (troppe transazioni per mantenere il fondo bilanciato).
Chiaramente, una strategia di campionamento è più soggetta ad errori di replica, per questo l’ideale sarebbe, tra i due, scegliere ETF che replicano totalmente l’indice di riferimento. Tuttavia, i fondi a replica totale sono soggetti a ribilanciamenti per poter rispettare la composizione dell’indice. Quindi anche questi possono essere soggetti ad errori di replica. Prima di sceglierne uno, è opportuno verificare la sua capacità di replicare le performance del benchmark di riferimento.
Un’altra strategia si basa su metodi di replica sintetica. Il fondo, invece di detenere gli asset, acquista collaterali, swaps e altri derivati. Questi genere di fondi introducono al loro interno altri rischi, come l’insolvenza dell’emittente del collaterale. In mia opinione, non vedo la necessità di complicarsi ulteriormente la vita e scarto questa opzione. Per chi, comunque, è interessato ad approfondire il loro funzionamento, invito a leggere questo articolo su Justetf.com
Domicilio Fiscale dell’ETF
La tassazione dei proventi percepiti dipende dal domicilio dell’ETF ovvero dagli accordi di tassazione tra il paese dove è domiciliato il fondo e il paese dove sono allocati gli assets posseduti dal fondo. Un fondo domiciliato in Irlanda paga il 15% di ritenuta alla fonte (witholding Tax) sui dividendi da azioni americane. Se invece il fondo fosse domiciliato negli Stati Uniti la ritenuta sarebbe del 30%.
C’è poi la tassazione sui dividendi che l’ETF paga all’investitore. Per i residenti in Italia se il fondo è “armonizzato” si paga come reddito da capitale al 26% o al 12,5% se si tratta di titoli di stato. Se il fondo è “non armonizzato”, i proventi vanno ad aumentare l’imponibile fiscale e si paga in base all’aliquota massima relativa al proprio scaglione IRPEF (27% ; 38%; 41% o 43%).
Normalmente i fondi armonizzati, riconoscibili dalla dicitura UCITS nella sigla, sono quelli domiciliati in Europa.
Quindi per completare l’esempio, se acquistassi un fondo domiciliato in Irlanda che replica un indice americano, ad esempio lo SP500, pagherei sui dividendi che riceve il 15% alla fonte e poi il 26% al fisco Italiano. Cioè per ogni 100€ pagherei 37,1€ di tasse.
Se comprassi un ETF non armonizzato domiciliato negli USA, pagherei il 30% alla fonte e poi il mio massimale, che nella migliore dell’ipotesi, ovvero sotto i 28000€ di reddito, è pari a 27%.
Cioè per ogni 100€ pagherei 48,9€ di tasse o di più se il mio imponibile è molto più alto.
Ad onor del vero, per i residenti in Italia, dato l’accordo commerciale vigente con gli USA, c’è la possibilità di recuperare parte della tassazione alla fonte del 30%. L’accordo tra i due stati prevede una ritenuta alla fonte del 15% per i dividendi di azioni USA verso cittadini italiani. Si potrebbe richiedere il rimborso compilando un form (W8 BEN E) per dimostrare di essere cittadini non residenti fiscalmente negli USA. Un’ulteriore complicazione non necessaria utilizzando fondi armonizzati che, tra l’altro, hanno anche il vantaggio di farci pagare meno tasse in Italia.